Nelle isole di Calleja
una scoperta rilevante per la compulsione a lavarsi
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 27 novembre
2021.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Lo striato o corpo striato nell’encefalo
umano è costituito da formazioni grigie della base telencefalica come il nucleo
caudato e il nucleo lenticolare, a sua volta suddiviso in putamen
e pallido, la cui descrizione morfologica, per topografia e connessioni,
supera il concetto antiquato di “corpi optostriati” della vecchia anatomia, che
si riferiva all’apparenza macroscopica a strie di quell’area. In fisiologia, tuttavia,
il concetto di “striato” è stato rilanciato, soprattutto per l’omologia funzionale
nel controllo motorio con la regione striata dei roditori di laboratorio, nei
quali anatomicamente si ha un’organizzazione un po’ diversa, che include nelle
strutture striatali il ruolo svolto nell’encefalo umano dalla substantia
nigra mesencefalica. Lo striato comprende numerose suddivisioni e circuiti
neuronici che controllano in maniera differenziata e specifica l’output
motorio.
Per striato ventrale si intende un insieme di
formazioni grigie, in passato descritte col sistema limbico, che hanno
il nucleo accumbens quale aggregato principale e seconda stazione del circuito
a ricompensa che origina dai neuroni dopaminergici dell’area tegmentale
ventrale (VTA), inizialmente individuato come base neurale della
motivazione, poi studiato per la sua proprietà di rinforzare i comportamenti
che lo attivano, e ora principalmente indagato per il suo ruolo nell’addiction
da sostanze psicotrope d’abuso.
Nello striato ventrale si studiano da tempo
le isole di Calleja, formate da aggregati di
neuroni densamente stipati, con la morfologia delle cellule a granulo e
situati nel nucleo accumbens dell’uomo e degli altri primati, e nel
tubercolo olfattorio dei roditori e di tante altre specie di mammiferi
filogeneticamente meno evoluti dei primati. Anche se da tempo si indagano
queste insule neuroniche, caratterizzate dal recettore D3 della dopamina, le
loro funzioni sono rimaste fino ad oggi indeterminate.
Yun-Feng
Zhang e colleghi, indagando le isole di Calleja nel
tubercolo olfattivo di topo, hanno scoperto un ruolo per queste cellule mai riconosciuto
in precedenza.
(Zhang Yun-Feng et al.,
Ventral striatal islands of Calleja neurons control grooming in mice. Nature Neuroscience - Epub ahead of print doi:10.1018/s41593-021-00952-z, 2021).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, Perelman School of
Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Pharmacology
and Therapeutics, University of Florida, Gainesville, FL (USA); Department of
Biology, Department of Medicine,University of
Pennsylvania, Philadephia, PA (USA); Department of
Neuroscience, Baylor College of Medicine, Houston, TX (USA); Institute of
Imaging and Computer Vision, RWTH Aachen University, Aachen (Germania).
Anche per non smentire la fama di grandi anatomisti che
abbiamo noi Italiani, precisiamo che la definizione corrente diffusa dai
ricercatori americani di “isole di Calleja”, così come
quella di “cellule di Calleja”, non è corretta per
due ragioni. La prima è che l’anatomista spagnolo Julian Calleja
y Sanchez non è stato il primo a individuare questi raggruppamenti di neuroni
granulari nel 1893, perché lo psichiatra tedesco Sigbert
Ganser, la cui fama è principalmente legata a un
disturbo caratterizzato da falsa coscienza e denominato sindrome di Ganser, aveva compiutamente descritto questi neuroni
granulari già in un articolo del 1882. La seconda ragione è che le cellule
granulari osservate dall’anatomista spagnolo non erano quelle che oggi portano
il suo nome, perché Calleja aveva posto sul portaoggetti
del suo microscopio preparati ottenuti dalle parti spesse dello strato
cellulare del tubercolo olfattorio.
Da un punto di vista anatomico, le isole di Calleja si reperiscono nella porzione anteriore e centrale
dello striato ventrale all’interno del lobo temporale. In quest’area si
riconoscono un’insula magna o isola maggiore, sita nel margine mediale
del nucleo accumbens, e un gruppo ventrale di isole lungo il confine
piale del proencefalo basale, una regione del lobo frontale adiacente al
lobo temporale.
Con metodi istochimici, sfruttando le alte
concentrazioni di NO-sintetasi, un enzima che produce NO e include la NADPH-diaforasi, le insule possono essere evidenziate con tecniche
di colorazione NADPH-diaforasi. Le configurazioni
osservate con l’impiego di questa tecnica hanno suggerito l’ipotesi che le isole
di Calleja non siano nuclei isolati, ma un unico
aggregato eterogeneo che in alcune sezioni ha l’aspetto di addensamenti isolati
di cellule.
Nei topi le isole di Calleja
si reperiscono prevalentemente nella compagine del tubercolo olfattorio, e
appaiono in microscopia luce come centinaia di cellule rotondeggianti conformate
a granulo, che trattengono il colorante, tingendosi intensamente e così distinguendosi
dal contesto gliale. L’elemento che contraddistingue queste cellule da un punto
di vista funzionale è l’espressione del recettore della dopamina D3, la cui
presenza è alla base delle osservazioni sperimentali nella ricerca finalizzata
a stabilire il ruolo dei loro aggregati. L’interesse neuroscientifico per questi
studi è soprattutto dovuto al fatto che le isole si presentano come altamente
conservate nel corso dell’evoluzione e dunque suscettibili di rivelare, come le
altre formazioni encefaliche ugualmente conservate, proprietà neurofisiologiche
del tutto identiche a quelle delle omologhe presenti nel nucleo accumbens
del nostro cervello.
Yun-Feng
Zhang e colleghi hanno attivato con tecnica optogenetica i neuroni a granulo
esprimenti D3 del tubercolo olfattorio di topi, ottenendo l’avvio di un
intenso, accurato e protratto comportamento di autoripulitura o self-grooming,
e determinando – cosa che particolarmente interessa chi scrive questa recensione
– la soppressione di ogni altra attività in corso.
Dunque, la prova sperimentale ha dimostrato che l’attivazione
specifica dei neuroni D3 delle insule, che in condizioni naturali avviene mediante
lo stimolo sinaptico da parte dei terminali assonici eccitatori dei neuroni
dopaminergici, non solo dava luogo al comportamento particolare del ripulirsi
ritmicamente il pelo della superficie corporea con le zampe, ma causava
anche l’interruzione di qualsiasi altra attività in esecuzione al momento dello
stimolo.
Yun-Feng
Zhang e colleghi hanno allora eseguito il classico esperimento di verifica,
sempre con tecnica optogenetica, determinando con la luce l’inibizione che in
condizioni naturali è interneuronica, dei granuli
delle insule di Calleja mentre i roditori erano del
tutto assorbiti e intenti nell’attività di autoripulitura: l’effetto è stata l’immediata
cessazione del self-grooming.
Questi risultati sono stati ulteriormente confortati
dallo studio mediante ablazione genica, che ha prodotto negli animali una
drastica riduzione dell’autoripulitura spontanea che, come è noto, appartiene a
quel repertorio di comportamenti automatici patrimonio neurogenetico della
specie, comunemente indicati con l’acronimo FAP (fixed
action patterns).
Lo studio elettrofisiologico dell’area delle insule
ha poi fornito elementi di assoluto rilievo che integrano e completano il
quadro emerso dagli esperimenti optogenetici e genetici: i neuroni D3 delle
isole del tubercolo olfattivo murino presentavano incremento di attività da poco
prima l’inizio del grooming a tutta la durata del comportamento di
ripulitura. Queste cellule nervose a granulo delle insule hanno mostrato anche
una significativa influenza sull’output striatale locale: agendo
attraverso sinapsi dei loro assoni, principalmente sui neuroni spinosi di
proiezione del tubercolo olfattorio ma anche su altri tipi neuronici
adiacenti, determinano una modificazione molto marcata della segnalazione in
uscita dallo striato ventrale.
È importante sottolineare che l’attività elettrica dei
neuroni di proiezione, spinosi e non, indotta dai granuli delle isole,
presentava nei grafici di rappresentazione della frequenza di scarica, ossia
delle raffiche di potenziali d’azione, una modulazione strettamente coerente e
armonicamente associata alle manifestazioni comportamentali di autoripulitura
dei roditori.
Non si può dar torto agli autori di questo significativo
lavoro sperimentale quando, concludendo la discussione sui risultati affermano
che il loro studio scopre un nuovo ruolo dei neuroni delle isole di Calleja dello striato ventrale, consistente nella regolazione
del suo output motorio con importanti e dirette conseguenze sul controllo
neurale del comportamento di autoripulitura.
Questo studio individua una base neurale
interessante per l’interpretazione della patogenesi dei sintomi in passato
descritti come “rupofobici” del disturbo
ossessivo-compulsivo (OCD). Gli studi condotti in precedenza, che hanno avuto fra
gli autori anche il Premio Nobel italiano Mario Roberto Capecchi[1], hanno
individuato alcune basi genetiche del comportamento di esasperata ripulitura dei
roditori, messo in rapporto con la compulsione a lavarsi le mani, o anche il
viso o tutto il corpo. In particolare: “Topi omozigoti per una mutazione
con perdita di funzione nel gene Hoxb8
mostrano una esasperata attività di autoripulitura (grooming) che porta fino alla perdita del pelo e a lesioni cutanee”[2].
D’altra parte, se è vero che da tempo si studia per
individuare un endofenotipo dell’OCD[3], è pur
vero che finora non sono stati individuati neuroni specifici, come quelli a
granulo delle isole di Calleja, specializzati nell’attivare
il grooming, equivalente fisiologico e comparato del frequente sintomo
ossessivo.
In conclusione, la scoperta del ruolo dei neuroni
delle insule, a parte il suo valore fisiologico, costituisce una traccia e un
incentivo alla prosecuzione degli studi su patogenesi e fisiopatologia delle
manifestazioni cliniche del disturbo ossessivo-compulsivo.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione
“NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-27 novembre
2021
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata
presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio
2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale
non-profit.
[1] Note e Notizie 13-10-07 Il
Premio Nobel a Mario Roberto Capecchi; Note e Notizie 03-11-07
Sinapsi cortico-striate nel disturbo ossessivo-compulsivo; Note e
Notizie 29-11-08 Il miglior trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo –
parte sesta.
[2] Note e Notizie 23-03-13 La
Microglia nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
[3] Note e Notizie 02-02-08
Fenotipo cerebrale ossessivo-compulsivo.